
Schema dell’intervento di trabeculectomia
L’intervento chirurgico più spesso utilizzato per abbassare la pressione intraoculare nei pazienti glaucomatosi è la trabeculectomia, che consiste nell’asportazione di un piccolo tassello di tessuto sclero-corneale (delle dimensioni di circa 1 x 3 mm), come si può osservare nel disegno sotto. In tal modo si consente all’umore acqueo, prodotto all’interno dell’occhio, di filtrare esternamente al di sotto della congiuntiva. Durante l’intervento viene creato uno sportello sclerale che ricopre la via di deflusso ed impedisce che fuoriesca una quantità eccessiva di umore acqueo. Infine, al di sopra dell’area di filtrazione viene suturata la congiuntiva.
Intraoperatoriamente si possono applicare particolari farmaci (antimetaboliti) sulla superficie esterna dell’occhio, a livello sclerale, per modulare i fenomeni di cicatrizzazione che potrebbero pregiudicare il successo dell’intervento.
La chirurgia viene praticata in anestesia locale mediante un’iniezione retrobulbare di circa 3 cc di anestetico (nei bambini viene utilizzata l’anestesia generale); la durata é di circa 30-45 minuti, durante i quali il paziente non avverte alcun dolore. Per eseguire l’intervento il paziente viene fatto sdraiare su una poltrona. Ad eccezione dell’occhio, il viso e la maggior parte del corpo vengono coperti con un telo sterile steso su un supporto che mantiene liberi naso e bocca per la respirazione.
Video di un intervento
Impianto drenante Baerveldt

L’impianto di Baerveldt viene posizionato tra due muscoli retti, di norma quello superiore e quello inferiore
Tanto la trabeculectomia quanto la sclerectomia profonda non sempre riescono a ridurre sufficientemente la pressione intraoculare; all’origine del fallimento di questi interventi nella maggior parte dei casi vi sono i processi cicatriziali, che impediscono la filtrazione dell’umore acqueo.
Tali processi cicatriziali si manifestano con forza maggiore in presenza di determinati fattori di rischio; se il chirurgo riconosce preoperatoriamente la presenza di uno o più di questi fattori di rischio, può ridurre l’intensità della reazione cicatriziale con farmaci specifici somministrati durante o dopo l’intervento: gli antimetaboliti. Nella maggior parte dei casi, questi sono in grado di ridurre la cicatrizzazione e consentono un adeguato controllo della pressione intraoculare. Talora, tuttavia, nonostante l’applicazione degli antimetaboliti la pressione rimane elevata. In tale evenienza la migliore alternativa è rappresentata dall’utilizzo degli impianti di drenaggio. Questi dispositivi, di cui esistono numerosi modelli, prevedono il deflusso dell’umore acqueo attraverso un piccolo tubo in silicone la cui estremità viene introdotta all’interno dell’occhio. L’estremità opposta del tubo in silicone si raccorda ad un guscio in materiale sintetico, il quale viene suturato alla parete esterna dell’occhio (figura sotto).
Il guscio consente la creazione di uno spazio all’interno del quale l’umore acqueo può raccogliersi indipendentemente dai processi cicatriziali.
L’impianto di Baerveldt fa parte di questi dispositivi e rappresenta l’impianto di scelta nei più importanti centri di chirurgia oculistica a livello mondiale; numerosi studi hanno dimostrato che, rispetto agli altri impianti, esso offre importanti vantaggi in termini di sicurezza e di efficacia. Esso è costituito da un tubo di silicone (con diametro esterno di 0,6 mm ed interno di 0,3 mm) inserito su un guscio anch’esso di silicone. Il guscio è sottile (spessore di 1 mm) e flessibile ed è disponibile in due differenti misure (250 e 350 mm2).
L’intervento dura circa un’ora e viene eseguito in anestesia locale.

Dopo l’intervento il tubo dell’impianto di Baerveldt penetra in camera anteriore. Nella foto sopra lo si osserva in alto a destra.

L’umore acqueo drenato dall’impianto di Baerveldt si raccoglie sotto la congiuntiva, formando la cosiddetta bozza, che può essere visualizzata sollevando la palpebra superiore.